Storia della Calabria in breve

Tropea
La Calabria, terra di straordinaria bellezza e complessità, rappresenta un autentico crocevia di culture mediterranee che si sono stratificate nel corso dei millenni. Questo lembo meridionale della penisola italiana ha vissuto un percorso storico affascinante, caratterizzato dall’alternarsi di numerosi popoli e dominazioni che hanno lasciato segni indelebili nel patrimonio culturale, artistico e sociale della regione. La posizione geografica strategica, protesa nel cuore del Mediterraneo, ha determinato il suo destino di terra di conquista ma anche di scambio e di incontro, trasformandola in un mosaico culturale di inestimabile valore che oggi possiamo riscoprire attraverso le testimonianze archeologiche, i monumenti e le tradizioni che ancora sopravvivono.
Le origini e la preistoria
Le radici storiche della Calabria affondano profondamente nel tempo, con evidenze di presenza umana risalenti al Paleolitico, come testimoniano i significativi ritrovamenti nelle Grotte di Scalea (Torre Talao) e l’affascinante graffito del Bos primigenius a Papasidero, che rappresentano le prime espressioni artistiche e culturali in questa terra. Durante il Neolitico, il territorio vide lo sviluppo di insediamenti più dispersi ma concentrati principalmente nella zona orientale della regione, dimostrando come già in quell’epoca le comunità preistoriche avessero compreso il potenziale agricolo e strategico di quelle aree, sviluppando le prime forme di organizzazione sociale e di sfruttamento delle risorse naturali. Con l’avvento dell’età dei Metalli, nuove popolazioni migrarono verso la Calabria portando con sé tecnologie e conoscenze avanzate, come dimostra il notevole complesso di Torre Galli nei pressi di Vibo, uno degli insediamenti più rilevanti del territorio risalente alla tarda età del bronzo, che rivela l’esistenza di comunità organizzate con una struttura sociale articolata e una notevole abilità nella lavorazione dei metalli e nella produzione di manufatti.
La Magna Grecia: l’epoca d’oro
Il periodo di maggiore splendore nella storia calabrese coincide indubbiamente con l’era della Magna Grecia, quando i coloni greci approdarono in massa sulle coste e fondarono un sistema di città-stato che rapidamente fiorirono fino a diventare centri di ricchezza e potere straordinari. Reggio Calabria fu la prima colonia greca fondata dagli Ioni provenienti dalla costa sicula, seguita da altre importanti fondazioni come Sibari, Crotone e Locri, tutte sorte in un periodo relativamente breve tra il 744 a.C. e il 670 a.C., creando così una rete di centri urbani che trasformarono radicalmente il panorama culturale e sociale della regione. È particolarmente significativo notare che proprio in quest’epoca, nell’VIII secolo a.C., i greci designarono questa punta della penisola con il nome di “Italia“, termine che originariamente si riferiva solo agli Itali, gli abitanti della parte meridionale della Calabria, e che successivamente, con l’unificazione romana, si estese progressivamente verso nord fino a comprendere, all’epoca di Augusto nel 42 a.C., l’intera penisola italiana, segnando così l’origine storica del nome della nostra nazione. L’influenza della civiltà greca in Calabria fu talmente profonda e pervasiva da lasciare tracce inestimabili che ancora oggi possiamo ammirare nel patrimonio archeologico, nelle tradizioni culturali e persino in alcuni aspetti linguistici, testimoniando come questo periodo abbia rappresentato un’autentica età dell’oro per la regione, caratterizzata da straordinari sviluppi nel campo dell’arte, della filosofia, dell’architettura e dell’organizzazione urbana.
Il periodo romano e il declino
Con l’avvento della dominazione romana, la Calabria visse un periodo di netto contrasto rispetto allo splendore della Magna Grecia, segnando l’inizio di un lungo declino economico e sociale che trasformò profondamente il territorio e le sue dinamiche di sviluppo. I calabresi si opposero tenacemente all’espansione romana, arrivando persino ad allearsi con Annibale durante le guerre puniche nel tentativo di preservare la propria autonomia, ma nonostante questa strenua resistenza, Roma riuscì infine a imporre il proprio dominio, avviando una politica di sfruttamento intensivo delle risorse naturali del territorio. Una delle conseguenze più devastanti di questa dominazione fu il disboscamento sistematico delle foreste della Sila e delle altre catene montuose calabresi, operazione che provocò un grave dissesto idrogeologico con conseguenti frane e smottamenti, alterando irreversibilmente l’equilibrio ambientale della regione e ponendo le basi per problemi territoriali che persistono ancora oggi. Questo periodo segnò inoltre un’interruzione del dinamismo culturale ed economico che aveva caratterizzato l’epoca greca, con un progressivo impoverimento delle città un tempo fiorenti e l’abbandono di molte pratiche agricole e commerciali avanzate, portando la regione a vivere una fase di stagnazione e marginalizzazione rispetto alle aree più sviluppate dell’impero romano.
L’epoca medievale e le dominazioni
Dopo la caduta dell’Impero Romano, la Calabria attraversò secoli tumultuosi, subendo prima le devastazioni dei Visigoti e dei Goti, per poi entrare nell’orbita dell’Impero Bizantino, sotto il cui controllo rimase per un lungo periodo, trasformandosi in un importante baluardo difensivo contro le incursioni dei Saraceni che minacciavano costantemente le coste. Durante il periodo bizantino, la regione visse anche un significativo sviluppo culturale grazie alla fioritura di numerosi monasteri, che divennero centri vitali per la conservazione e la trasmissione del sapere antico attraverso la produzione di preziosi manoscritti, sebbene oggi purtroppo solo pochi di questi tesori artistici e culturali siano rimasti sul territorio calabrese, con l’eccezione notevole del magnifico Codex Purpureus Rossanensis conservato a Rossano. Mentre Arabi e Longobardi tentavano invano di conquistare l’intera regione, intorno all’anno 1000 d.C. ai Bizantini subentrarono i Normanni, periodo in cui vissero importanti figure del monachesimo come Gioacchino da Fiore presso l’Abbazia di San Giovanni in Fiore e Brunone di Colonia alla Certosa di S. Stefano a Serra San Bruno, fondatore dell’ordine dei certosini, che contribuirono significativamente alla vita spirituale e culturale del territorio, lasciando un’impronta duratura che ancora oggi caratterizza il patrimonio religioso e artistico della Calabria.
Dal Regno del Sole ai Borboni
Un momento di particolare splendore nella storia calabrese si verificò sotto il regno di Federico II, che creò nelle regioni meridionali una delle realtà politiche e culturali più avanzate dell’epoca, il celebre Regno del Sole, un autentico crocevia di civiltà dove si incontravano e dialogavano tradizioni occidentali, islamiche e greco-ortodosse, generando un clima di straordinaria vivacità intellettuale e artistica. Con la morte di Federico nel 1250, il territorio cadde sotto il controllo degli Angioini, che introdussero un rigido sistema feudale come strumento di controllo ferreo sui sudditi e sul territorio, modificando profondamente l’organizzazione sociale ed economica della regione. Nei secoli successivi si alternarono le dominazioni degli Aragonesi, degli Spagnoli (contro i quali si schierò il celebre filosofo Tommaso Campanella nel 1599), degli Austriaci e infine dei Borboni, un periodo durante il quale la popolazione locale intensificò il proprio ritiro verso le zone collinari e montane per sfuggire sia alla malaria che imperversava nelle pianure costiere, sia alle incursioni dei pirati prima saraceni e poi turchi, fenomeno che generò un profondo isolamento sia esterno che interno, con la formazione di nuclei abitati sulle alture e nelle vallate, spesso privi di adeguate vie di comunicazione e con sentieri impraticabili durante i mesi invernali, situazione che persistette fino all’Unità d’Italia nel 1861, quando la Calabria disponeva di una sola strada principale che l’attraversava da nord a sud fino a Reggio Calabria, era completamente priva di ferrovie e il 90% dei comuni non aveva collegamenti stradali interni ed esterni.
L’era moderna: dall’Unità d’Italia ad oggi
Il XVIII secolo rappresentò un periodo particolarmente difficile per la Calabria borbonica, colpita da una devastante carestia e da un violento terremoto che misero in ginocchio l’economia e la società locali, aprendo la strada all’epoca delle rivoluzioni, come quella del 1799 che vide la figura di Murat, cognato di Napoleone, giustiziato a Pizzo Calabro. A metà del XIX secolo, durante i moti risorgimentali, anche i fratelli Bandiera trovarono la morte in Calabria, fucilati per le loro attività rivoluzionarie, fino all’arrivo di Garibaldi nel 1860 che portò nuove speranze di rinascita con l’avvento del Regno d’Italia, speranze che però furono rapidamente deluse poiché l’unificazione, anziché favorire lo sviluppo, produsse in realtà solo un aumento della miseria e dell’emigrazione. Questo clima di difficoltà economica e sociale favorì il proliferare del brigantaggio negli anni intorno al 1870, fenomeno alimentato principalmente dall’estrema povertà che spinse gran parte della popolazione a lasciare la regione in cerca di migliori condizioni di vita, dando inizio a un’emigrazione massiccia che praticamente dimezzò la popolazione calabrese, creando comunità di calabresi nel mondo che oggi contano milioni di persone e che mantengono un forte legame con la terra d’origine nonostante le distanze geografiche e temporali.
La Calabria contemporanea
Solo con gli sforzi dei governi nazionali e durante il periodo del Fascismo si cominciò a rompere l’isolamento storico della Calabria, avviando un processo di modernizzazione che, insieme alle mutate condizioni economiche e sociali del dopoguerra, ha determinato un’importante inversione di tendenza nello sviluppo regionale. Grazie anche alla crescita del turismo come settore economico trainante, numerosi centri abitati sono sorti lungo le coste, superando in importanza demografica ed economica gli stessi centri collinari tradizionali, trasformando radicalmente il paesaggio e le dinamiche insediative del territorio calabrese. Tuttavia, questo sviluppo non è stato privo di problematiche, poiché la speculazione edilizia ha in parte compromesso il paesaggio naturale, mentre la dispersione degli abitanti dai centri storici verso le nuove urbanizzazioni costiere ha comportato una progressiva perdita del patrimonio di tradizioni e cultura che aveva caratterizzato la vita dei calabresi per secoli, minacciando l’identità storica della regione. Solo negli ultimi decenni si è iniziato a comprendere l’importanza di recuperare e valorizzare questa ricca eredità culturale che la Calabria ha accumulato grazie all’alternarsi di numerosi popoli e civiltà provenienti da tutto il bacino del Mediterraneo, avviando progetti di riscoperta e tutela delle tradizioni locali, dell’artigianato, della gastronomia e del patrimonio storico-architettonico che rappresentano non solo la memoria del passato ma anche una risorsa fondamentale per lo sviluppo futuro della regione.